"Patrimonio abbandonato" è il titolo di uno splendido libro fotografico di Roman Robroek.
Da quando me l'hanno regalato vive, aperto a caso, sul tavolino della mia sala.
Ogni pagina onora la bellezza degli edifici storici che vi sono fotografati.
Luoghi polverosi e in rovina, che la natura si è ripresa dopo anni di abbandono.
Dimenticati e non per questo meno affascinanti.
Posti che non andrei a visitare ma che catturano la mia immaginazione per il loro carattere onirico.
Roba da Scorpioni insomma!

A forza di sfogliarlo mi sono chiesta: "E io, quale patrimonio ho abbandonato?". Subito una voce dentro di me ha commentato: "Ma nun se pò campa accussi però! BASTA con queste continue domande!". Non sapevo di avere una parte cazzona con l'accento napoletano....

Questa settimana sto affrontando il livello "Pro" della reclusione da Covid: essere positiva quando è finito lo stato di emergenza e fuori è estate e tutti-sono-liberi-fanno-cose-vedono-gente.
Il mio dottore, che non sa che attualmente vivo da sola, mi ha detto al telefono: "Ora devi trovare una stanza dove isolarti". Per un attimo ho fantasticato di prendere in considerazione questa ipotesi per allontanarmi da me stessa, poi però la mia parte saggia, che chissà perché parla siciliano, è saltata in piedi esclamando: "Ma che mmminchia di pensieri fai?".

Così, per la legge del contrappasso, ho scoperto che quello che ho a disposizione del mio appartamento non mi basta e voglio riconquistare anche i territori che, per motivi diversi, mi sono stati sottratti.
Intanto le terrazze.
Ce ne sono tre e una è sempre all'ombra durante la giornata.
Al grido di "piccioni nun ve temo" (si, ho anche una donna delle pulizie interiore che parla romano), le ho liberate dalle loro cacche e me ne sono riappropriata.
Ci vado a leggere seduta su una ridicola seggiolina da spiaggia (che finora non ha visto il mare), di quelle di plastica che si poggiano sul bagnasciuga per prendere il sole.
È talmente bassa che vedo il panorama attraverso la ringhiera. Cosa che non giova per niente al mio senso di prigionia.
Verso sera però reclino lo schienale, mi ci sdraio e guardo il cielo. Come una vera etrusca mi diletto nell'ornitomanzia, cercando segni nel volo degli uccelli sul risultato del tampone di lunedì.
Piccioni siete avvisati. Se non state alla larga potrei tentare con l'aruspicina, l'arte divinatoria di esaminare le viscere di animali sacrificati per trarne presagi!
Per ora comunque, l'unico messaggio che ho decifrato senza difficoltà, è il titolo dell'episodio di oggi della replica della serie The big bang theory: "Il potenziale dell'isolamento".
Universo ma vai a cacare!
Non sulle mie terrazze però!

Col passare dei giorni sono diventata più audace. Entrando nelle camere dei miei figli ho studiato la situazione, perché il mio bisogno di espansione necessita di una strategia.
Assalto a sorpresa o negoziazione?

Non sono un'esperta giocatrice di Risiko ma seguendo le fasi di rinforzo, attacco e spostamento delle truppe, direi che la prima cosa da fare sia potenziare il mio esercito e cioè, fuori metafora, trovare solide motivazioni che sostengano il riappropriarmi di queste due stanze, utilizzate ormai raramente dai proprietari.

Il fatto è che entrambi non vivono più a casa con me ma non si può dire ancora che vivano stabilmente altrove.

Quanto tempo deve passare prima che un figlio adulto si convinca di essere adulto?
Quante volte una madre deve partorirlo?

Quando sono andata via dalla casa dei miei genitori, la camera che condividevo con mia sorella restò a lei e non cambio' di molto. Quando invece, qualche anno dopo, anche lei se ne andò, quella stanza venne stravolta e diventò contemporaneamente uno studio per mio padre e uno spazio per gli hobbies di mia madre.
Fu un vero passaggio simbolico.

Concettualmente mi sembrò normale, emotivamente fu come se fossi stata espulsa dalla famiglia.
Assurdo, perché me n'ero andata io e, nonostante ciò, quasi quasi mi aspettavo che rimanesse tutto così come l'avevo lasciato. Una specie di piccolo santuario del tempo che fu.
Insomma avrei voluto essere fuori ma un pochino anche dentro.

Se si tiene un piede di qua e uno di là, si resta in un'innaturale posizione che ci fa stare in equilibrio ma ci immobilizza. Per procedere nella nostra vita invece, l'equilibrio lo dobbiamo perdere e ritrovare di continuo, staccando un piede dal suolo per metterlo davanti all'altro.

Beh io ho camminato. E cammina cammina, ecco che mi ritrovo, più o meno, nei pressi della situazione che hanno vissuto i miei genitori quando io e mia sorella ci siamo trasferite.

Si sa che la casa è uno spazio che ci rappresenta. Si sa che cambia insieme a noi.
Lo sanno i miei figli che in questa fase mi piacerebbe che le loro camere assomigliassero un pò meno a loro e un pò più a me?
Proverò a parlarci..d'altra parte, chi non rischia non ottiene nulla, o meglio in questo caso "chi non risika non rosika"!

Era vero Universo (mi scoccia parecchissimo ammetterlo) ma nell'isolamento c'è un potenziale. Lo scrive pure Jodorowsky: "Tutto triste, il camaleonte si rese conto che, per conoscere il suo vero colore, doveva posarsi sul vuoto"

 

 

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