Un paio di giorni fa, appena tornato il sole tra le nuvole dopo un temporale, guardando fuori dalla finestra scopro che in mezzo al campo c'è un fagiano.
Il campo è uno splendido campo arato , orientato verso ovest, con delle bellissime zolle di terra rivoltata di fresco e bagnata dal recente acquazzone.
Il fagiano è un fagiano stupendo, dalle lunghe piume lucide, che riflettono i raggi del sole.
Ad un certo punto, uno sparo in lontananza. Un cacciatore, così lontano da non essere una minaccia diretta per quel fagiano.
Eppure il fagiano si muove.
E con esso mi accorgo che tutto il campo sembra muoversi.
Quasi una vertigine, e allora mi costringo a focalizzare lo sguardo, gomiti puntati sul davanzale per acquisire maggiore stabilità e cercare di capire cosa c'è che sembra far muovere tutto il campo e la terra stessa.
E mi accorgo della fagiana.
La fagiana è color terra, esattamente allineata con le zolle di terra, un marrone screziato che riproduce l'aratura del campo preparato per il riposo autunnale. Praticamente una fagiana….invisibile.
E la fagiana non è sola. Perché, a guardar bene, le zolle sono sempre meno zolle e sempre più fagiane. Almeno 7 fagiane in giro per il campo, che lo sparo lontano di un cacciatore ha lasciato manifestare per un attimo. Per poi subito ri-scomparire, le fagiane. Il fagiano no, lui sempre lì, lui sempre esposto. E infatti, a caccia aperta, di fagiano ce ne era uno; di fagiane ce ne erano 7. ALMENO.
Io questa cosa del maschio bello e della femmina dimessa negli animali l'ho sempre digerita poco. Non mi ha mai convinto la storiella consolatoria del potere di scelta riservato alla femmina. Mai è stata una consolazione per me. La livrea del pavone, la possenza del leone, le piume del fagiano le ho sempre subite come un'ingiustizia di genere che andava a colpire tutte le femmine grigiastre e mingherline.
Ma quella mattina qualcosa è scattato in me quando ho visto le fagiane della stessa sostanza (cromatica) della terra. E quando ho visto 7 fagiane contro/e 1 fagiano. La mimesi e la sopravvivenza. Le cose simili tra loro, in numero di 7, ALMENO, sul campo.
E mi è parso di sentir ridere alle mie spalle, ridere e sospirare. La grande Dea ha sorriso e quasi distintamente la voce di qualcuna, grigiastra, pare abbia detto: "Finalmente!"
Sì, finalmente è stato chiaro anche a me. Che poteva esse peggio. Che potevo io esse peggio. Che potevo esse maschio.
È una fortuna che non sia maschio, anche perché la conseguenza di questo applicata ai fagiani è che potevo esse….morto. Ma aldilà di questo fugace pensiero mi è rimasta dentro una sensazione strana e persistente, connessa con il senso del similis, della mimesi, del riconoscersi, del manifestarsi solo alle similis.
Di avere occhi per guardare.
Di avere le zolle di terra come Alleate, e non è poco.
Da questo incontro visivo e visionario con le fagiane e le zolle, è iniziata a lievitare e a trasformarsi tutta una pasta di pensieri sull’elfa, una creatura magica appartenente al piccolo popolo, che richiede di essere guardata più volte per essere riconosciuta e sul mio desiderio “sigillato” con il filo d’oro ma non per questo nascosto: quello di essere in relazione con persone che condividano il mio stesso sentire e la mia stessa visione.
Non persone con le quali non c’è necessità di trovare un accordo o di agire il compromesso, perché questo lo ritengo abbastanza illusorio e se sporadicamente accade in maniera naturale…viva!
Ma non è questo il desiderio della mia ricerca. È piuttosto un condividere significati e significanze e linguaggi su cose comunemente ritenute importanti. Questa condivisione di linguaggi simili mi manca in maniera significativa in questo periodo e mi scopro ad aspettarla dalle persone più improbabili, mi scopro nella frustrante posizione di chi attende con fiducia cieca – inutile – che le pere diventino mele.
Cosa che per altro ho fin troppo fatto in passato, ad esempio con la mia mamma, per poi accorgermi con dolore di quanto inutile sia stata tale pratica. E di quanto alla lunga questo sia ciò che è più contrario al sentirsi libere e al riconoscere alle altre libertà.
Ho deciso quindi, complice lo sparo del cacciatore lontano, di fare un passo indietro, un enorme passo indietro che va nella direzione della liberazione.
Perché l’attesa della trasformazione delle pere in mele è per me estenuante, perché non mi sento altro che mela tra una maggioranza di pere che andrebbe pure bene, non sarebbe la promiscuità di frutta a disturbarmi, ma io non mi sento vista come mela. E soprattutto io non reputo giusto né per me né per alcuna pera né per alcuna mela il supplizio di questa attesa di cambiamento, che posso pure negare ed invisibilizzare con le parole, ma per me è sempre lì.
Sentirsi fagiane in mezzo alle zolle è un sentimento prezioso, condividere il colore umido della terra e delle Alleate è un dono raro, riconoscersi “similis” a qualcosa di così fondamentale ed elementale come la Terra è bellezza infinita.
Fagiane, manifestatevi. Dietro ogni zolla può esserci una similis, è lì per voi. Per manifestarsi e per riconoscervi.
Tereza
P.S. Adoro le pere.