Vi annuncio con gioia che il 26 aprile scorso è successa una cosa super: ho partecipato con il mio racconto "La stronza" alla trasmissione "Matteo Caccia racconta" su Radio24 !
Per chi non è riuscito ad ascoltare la puntata e per chi ci è riuscito ma la vuole riascoltare, il link è qui.
Quando Ester, a dicembre del 2017, mi parlò della "parola dell'anno", la ascoltai incuriosita. Invece di fare la solita lista di buoni propositi per il nuovo anno, che magari a fine gennaio hai già rinnegato peggio di Giuda, si trattava di scegliere una parola, una sola, che funzionasse da guida. Una specie di indicatore di direzione, uno strumento per tenere viva l'intenzione su quello che avresti voluto vivere e realizzare nel corso dei 12 mesi successivi.
Quando ero una bimba, la sera del 24 dicembre, dopo cena, a casa mia arrivava Babbo Natale in persona.
Lo aspettavamo, trepidanti, in tre: io, mia sorella e mio cugino.
Anche quell'anno, ad un certo punto della serata, si sentì suonare il campanello... La mia tensione raggiunse livelli quasi insopportabili e finalmente il babbo andò ad aprire il portone: era lui!
"Son già le sette nell'aria c'è un suono... è Magda forse che suona il piano..." cantava Bennato negli anni '70.
Ma no, non si tratta di Magda, bensì di Furio, che non è il mitico personaggio - marito di Magda nel film di Verdone - ma il mio gatto.
Canzone e film, miagolio e suono della sveglia del cellulare, si mescolano confusamente tra loro, mentre, con fatica, cerco di uscire dall'oscura selva del sonno.
La mia regione è diventata aranc##### anzi no, rossa (e vaffanculo). E io grigia.
Questa nuova ondata di restrizioni mi mette a dura prova. Nel corso dell'edizione primaverile della quarantena sono stata piuttosto creativa ma ora temo di aver terminato le riserve e di non possedere più risorse per gestire la seconda stagione.
Come procedere?
La comunicazione nelle relazioni è un tema che mi affascina moltissimo e allo stesso tempo mi dà da fare.
Un modo davvero originale di comunicare qualcosa, che forse non sapeva nemmeno di conoscere, lo trovò mia figlia anni fa.
La casacca della mia nuova divisa del lavoro è chiusa, sul davanti, da una fila di bottoncini automatici.
A fine giornata mi dà una gran soddisfazione toglierla aprendola con entrambe le mani in un colpo solo. Come un maniaco esibizionista che spalanca a sorpresa l'impermeabile, mi mostro a me stessa grazie allo specchio dello spogliatoio.
Durante la quarantena mia sorella ha deciso di svuotare la cantina. Eravamo già nella fase in cui si poteva andare a trovare i "congiunti" e io sono passata da casa sua giusto il pomeriggio in cui lei stava decidendo cosa tenere e cosa no.
Aggirandomi tra gli scatoloni, la mia attenzione è stata catturata da un vecchio macinino da caffè da parete, ancora funzionante.
L'ho preso in mano chiedendole "E questo?". Lei mi ha risposto "Boh! Non so come sia finito tra le mie cose! Se vuoi prendilo pure".
Mi pareva di averlo già visto. Forse anni prima nella cucina dei miei genitori?
Incuriosita ho chiesto notizie al mio babbo.
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